Raspberry Pi Pico è la nuova scheda di Raspberry Pi basata su microcontrollore RP2040, un chip realizzato direttamente dalla Fondazione Raspberry Pi. prima di questo articolo, leggi quello relativo alla sua presentazione, dove trovi le specifiche e la documentazione
Microcontrollore?
Si, RP2040 è un microcontrollore, non un computer, come siamo abituati. Cosa cambia? In soldoni, la differenza è che un microcontrollore (MCU), a differenza di un microprocessore (CPU), è molto più semplice, non necessita di un sistema operativo, ma spesso solo di un “interpreter” in grado di interpretare dei comandi. Un microcontrollore ha prestazioni e supporto alla memoria molto più limitati rispetto a un microprocessore, e sebbene possa fare molto, non potrà mai fare quello che fa una CPU, mentre , volendo, un computer (soprattutto Raspberry Pi) può svolgere i compiti di un microcontrollore.
Allora perché esistono? Beh, l’essere più calibrato verso il basso come risorse ha anche degli aspetti che possono essere un vantaggio, se adeguatamente sfruttati. Non avere un sistema operativo e non avere multitasking permette un funzionamento real time, più indicato in tutte quelle applicazioni in cui i tempi devono essere precisi e predeterminabili, come nella robotica, droni ecc. Poca potenza significa dimensioni ridotte, consumo esiguo, scarse richieste di memoria RAM e di memoria di massa, che può risiedere su EEPROM e creare così uno strumento estremamente stabile e indipendente, dal basso consumo ideale per IoT, indossabili e sensoristica.
Aspetto
Che è piccolo, stavolta ce lo aspettavamo… Si presenta come una schedina minuscola, con il chip RP2040 al centro. Serigrafato con il lampone. Si, perché questo microcontrollore è il primo chip progettato e ideato direttamente dalla Fondazione Raspberry Pi. E’ una bella notizia, che pone le basi per chip custom progettati “in casa” (e quindi su misura e più economici) anche per eventualmente altri modelli futuri di Raspberry Pi. Lungo il perimetro della scheda, ci sono le piazzole con i pin GPIO collegati al RP2040, i pin di debug e il connettore micro USB che serve da alimentazione e come porta di comunicazione con il microcontrollore. sul lato componenti della scheda trovano posto un pulsante denominato “BOOTSEL” e un microscopico LED.
il bordo della scheda, in corrispondenza delle piazzole per i pin, è “castellato”, ha cioè degli incavi che consentono connessioni temporanee a incastro a filo della scheda. Se inesperti, però, il modo migliore è saldare due file di piedini sui lati più lunghi, rendendo così il Pico un “millepiedi” che si può inserire su una breadboard per sperimentare con l’elettronica.
Ovviamente è leggerissimo.
Due anime (… e mezzo)
Raspberry Pi Pico nasce con l’idea di supportare nativamente i linguaggi C / C++ e anche MicroPython, una implementazione di Python per microcontrollori. La ventata di freschezza è proprio quest’ultima: Python è un linguaggio accessibile e potente, già molto diffuso nella community Raspberry Pi. Naturalmente per ottenere il massimo delle prestazioni dal Raspberry Pi Pico, C è la strada obbligata, ma per tutto il resto, se già si ha una base di Python, risulta comodo poterlo usare in modo semplice.
Sebbene MicroPython si possa usare anche su altri microcontrollori, (come gli ESP8266, ESP32) per qualche strano motivo (leggasi pigrizia) i maker e gli sviluppatori amatoriali non hanno mai approfondito molto questo aspetto affidandosi al più collaudato (e molto meno affascinante, semplice e potente, a mio parere) linguaggio di Arduino. Un grande produttore come Adafruit, invece, ha puntato tutto su CircuitPython, una specie di dialetto di Python che supporta solo i chip montati sulle loro schede. Invece, con il Pico si può caricare l’interpreter MicroPython e lanciare il primo programma in 10 minuti (anche grazie alla grande quantità di materiale di supporto fornita dalla Fondazione), anche se non si ha mai visto un microcontrollore prima, il che non è poco.
E la “mezza” anima in più?
Ecco, in realtà di tratta sempre di MicroPython, ma c’è chi, tramite un IDE online, ha ideato un modo per programmare a blocchi il Pico, con un’interfaccia divertente e colorata, adatta ai più piccoli, che così vengono introdotti in questo mondo, ma che ha funzionalità che possono venire comode anche all’utente più smaliziato che voglia testare un progetto senza doversi scrivere del codice. Si tratta di Piper Make.
Come montare e smontare Pico dal sistema
Qualsiasi sistema usiate, Raspberry Pi Pico ha anche una modalità abbastanza pratica: collegato a un computer (sia esso Raspberry Pi, un PC o un Mac) tramite USB mantenendo premuto il pulsante BOOTSEL, viene visto come una memoria di massa, come una chiavetta USB, insomma, per gestire i file al suo interno in modo semplice e intuitivo. Questo è un vero colpo di genio: al suo interno troviamo un file Index.htm, che rimanda alla pagina del prodotto sul sito ufficiale, che guida l’utente passo passo nello scoprire le due modalità di programmazione del microcontrollore.
Questo trucco, comporta anche qualche accortezza. La memoria interna del Pico verrà vista dal sistema come fosse una chiavetta USB dal nome “RPI-RP2″. E’ indispensabile smontarlo dal sistema (con l’apposita procedura software del sistema operativo che stai utilizzando), prima di scollegarlo dal dispositivo.
Alimentare il Pico
Bene, il modo più semplice naturalmente è con un cavetto micro USB collegato alla sua porta. Lo stesso cavetto può essere usato per programmarlo, ma attenzione che ho riscontrato qualche difficoltà, con i cavi in mio possesso, a farlo riconoscere per lo scambio dati. Occorre un cavetto di qualità, meglio se non troppo lungo. Si può comunque alimentare dai piedini 5V e GND, o meglio.. dalle piazzole, visto che è bene ricordare che Pico è fornito privo di piedini.
Pico consuma veramente poco, non arrivando a 100mA nemmeno nel suo consumo massimo. E supporta una modalità “dormant” e una “sleep”, rispettivamente dal consumo di poco sotto a 1mA e di poco sopra. Ideale per gli usi a batteria.
Costo e reperibilità
Raspberry Pi Pico, naturalmente, si trova presso i rivenditori ufficiali a un prezzo di circa 4,5 Euro. Ad esempio su Melopero. Diffidate da altri venditori on-line che non siano i rivenditori ufficiali, ad esempio su Amazon o sui siti cinesi viene venduto a oltre 10 Euro, con una vergognosa speculazione, messa in atto nei confronti della Fondazione Raspberry Pi, che ricordiamo vende i propri prodotti a prezzo fisso ed è un ente caritatevole non a scopo di lucro.
Attenzione anche che è possibile ora acquistare il singolo chip RP2040 a circa un dollaro, inutile per l’utente comune, molto utile per chi realizza schede, anche in piccola serie, basate su microcontrollore. Ecco, a volte negli annunci dei rivenditori improvvisati viene messo come prezzo di partenza 4,5 Euro per attirare gli acquirenti sprovveduti, ma a qual prezzo ti vendono il solo chip (che invece costa 1 Euro circa), mentre il Pico lo vendono almeno il doppio (che invece costa 4,50 Euro). Usate i rivenditori ufficiali, se non altro per dimostrare il supporto a chi si impegna a importare e distribuire ufficialmente nel nostro paese i prodotti Raspberry Pi (con tutti i fardelli che ne conseguono: garanzia legale, IVA e spese di spedizione).
A breve pubblicheremo guide con esempi di programmazione sia in C che in Micropython per il Pico.
Qui il datasheet ufficiale, ricco di spunti e dettagli.
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